Hai mai pensato al valore delle tue relazioni? Si può dare loro un "prezzo"? Hai mai provato a sostituirle con beni "di mercato"? Forse no, non possiamo dire quanto "costa" un’amicizia, un fidanzamento, un’occasione di incontro, tanto sono preziosi. Eppure, sono così importanti che non possiamo trascurare il loro valore economico, il loro ruolo negli scambi che mettiamo in atto tutti i giorni.
Luigino Bruni
Professore di Economia Politica
all'università LUMSA di Roma
Ecco che ci viene in aiuto l’idea del bene relazionale, un bene "economico" un po’ particolare. Prima di tutto, è l’unico che si coproduce e si co-consuma allo stesso tempo. Non c’è distinzione tra i due momenti, e richiede di essere consumato insieme. Anzi, è antirivale: l’arrivo di nuove persone, nuovi sguardi e nuovi incontri non solo non lo rovina, ma lo rafforza, ne aumenta il suo valore. Dietro tanta bellezza si nasconde, però, la fragilità di una cosa preziosa: il bene relazionale è un bene di reciprocità. Infatti, lo si realizza insieme, ma lo si può distruggere con facilità, basta una persona. In un certo senso, stiamo parlando di un bene tragico.
E quanto è difficile stare in questa vulnerabilità, accettarla! Ecco che allora tendiamo a sostituirla, con merci, beni "di mercato" o "pseudo-relazionali". La sfida, invece, è proprio quella di ripensare anche l’economia tutelando e valorizzando gli incontri che ne derivano. Al contrario, osserviamo che alcune tendenze del mercato moderno spingono verso la costruzione di strutture di scambio grandi, lontane e anonime. Per esempio, ogni negozietto di prossimità che viene chiuso rischia di distruggere tanti posti di lavoro e con questi delle relazioni, delle reti di conoscenza, in nome dell’efficienza.
Molte forme di interazione economica, come alcune modalità di acquisto online sono intrinsecamente più povere, mancanti. Pensa, per esempio, alle centinaia di libri diversi che puoi scoprire in libreria confrontati con i pochi consigli automatici, un po’ sterili, che trovi su internet.
Il bello è che ci scopriamo protagonisti! Non sono discorsi astratti, ma possono subito dare una direzione alle nostre azioni. Una delle forme di responsabilità civile più quotidiane è proprio la scelta dei prodotti che si acquistano. Ogni volta che mettiamo una confezione nel carrello della spesa, votiamo, diamo il nostro sostegno a questa o a quell’altra impresa. Il voto del portafoglio è uno dei punti di partenza per non rinunciare ad avere una voce rispetto al sistema economico e di scambi la cui complessità sembra sovrastarci.
Dici che non si cambia il mondo scegliendo un pacco di pasta piuttosto che un altro? Probabilmente hai ragione, eppure proprio da lì nasce attenzione, careness, che ci spingerà ad inventare spazi, avviare processi per premiare e supportare chi compie scelte coraggiose, eticamente sostenibili e generative. Attenzione però! Di fronte ad uno sviluppo economico che, come siamo purtroppo abituati a vedere, lascia sempre indietro qualcuno potremmo pensare che la soluzione sia quella di un’austera sobrietà. E invece no! Un negozio pieno di oggetti, diversi, è più bello, è più luminoso! Un settore della moda caratterizzato da tanta diversità ci arricchisce!
La sfida sta proprio lì: non nel "tornare indietro", nel "ridurre", ma nel cambiare paradigma, nel porre come obiettivo della nostra economia la generazione di valore per la persona nel suo complesso.