in un periodo in cui il rimanere lontani, a distanza, è diventato gesto di amore. I leg(à)mi, la più profonda espressione di umanità, sono un pericolo per l'umanità stessa. Essendo preoccupato per le sorti di tutti noi, mi sono fatto prestare la macchina del tempo e ho viaggiato fino all'anno 2106, per vedere com'è la situazione (non so se riuscirò a vivere così a lungo!). Il povero Michele, il mio (eventuale) nipote, dovrà studiare per l’interrogazione di storia, leggerà sul libro “Gennaio 2020, Epidemia COVID-19”, e mi chiederà di raccontargli di come si viveva a quei tempi.
Gli racconterò di come la gente, manipolata dai media, pensava di essere in guerra e correva a svuotare di provviste i supermercati, di come gli ospedali non riuscivano più ad accogliere pazienti in terapia intensiva, di come io mi sentivo “forte e invincibile” (ignorando la mia fragilità), di come l’inquinamento nelle città deserte stava diminuendo, di come quel virus sembrasse una sorta di reazione del pianeta terra contro l’uomo-parassita, di come fosse una sorta di “pena del contrappasso” per chi costruiva muri, di come eravamo costretti ad abbandonare i contatti umani, e di come, alla fine dell’incubo, ci fu una riscoperta di alcuni valori, che in quel momento ci sembravano un dono.
Gli dirò che “l’amore (o meglio, l’am(à)re) che ci univa prima, era lo stesso che ci doveva tenere separati (semi-cit.), ad “un metro e ottanta” di distanza!
(ATTENZIONE: può contenere SPOILER per il FUTURO, se non volete rovinarvi la sorpresa, tappatevi le orecchie!)